lunedì 8 settembre 2014

12. Ancora In Georgia



All'indomani stante le condizioni climatiche e la città non proprio attraente, decidiamo di ripartire immediatamente rinunciando al giorno di sosta che avevamo programmato. In effetti non ha senso trascinarsi per strada con l'intento di visitare qualcosa che poi in realtà non si riesce ad apprezzare. Meglio allora dedicare il tempo che ci rimane per soggiornare in altre località più ospitali. Alla luce di questa esperienza, sconsiglio vivamente di venire da queste parti nel mese di agosto. Se dovessi ritornare sceglierei probabilmente il mese di giugno. Facciamo comunque un breve giro panoramico per le vie del centro senza peraltro vedere nulla di interessante ad eccezione di qualche palazzo in stile sovietico al margine di una piazza dalla quale parte un grande viale alberato. Il cielo è nuvoloso e sulla città e dintorni grava una cappa pazzesca.

Echmiadzin
Ci dirigiamo verso Echmiadzin, santa sede della Chiesa Apostolica Armena aspettandoci di vedere qualcosa di simile al nostro Vaticano ma invece è tutt'altra cosa. Trattasi semplicemente di un'area recintata al cui interno sorgono alcune chiese, un monumento a ricordo della visita di Giovanni Paolo II, il seminario ed altri edifici adibiti probabilmente ad uffici. A parer mio è una visita che si può tranquillamente evitare.
















Lasciamo Echmiadzin imboccando  la statale che porta a Bavra nei pressi del confine georgiano. Man mano che ci allontaniamo dalle umide pianure che caratterizzano questa parte dell'Armenia, il paesaggio torna ad essere spettacolare e grandioso caratterizzato prevalentemente da bellissime montagne quasi interamente coltivate. A differenza della Georgia le cui montagne sono ricoperte da boschi e foreste, in Armenia non ci sono alberi forse anche a seguito dell'intervento umano. Una cosa fondamentale è che nonostante il clima torrido, l'acqua è sempre disponibile in grande quantità, anche a bordo strada opportunamente segnalata con chiare indicazioni.











A Gyumri facciamo sosta in un bar dove Paolo fa l'ennesimo tentativo di ordinare un cappuccino freddo ma anche stavolta senza successo. La città, a differenza di Yerevan è molto bella e ordinata, con bei palazzi, strade lastricate e degli animati mercati all'aperto.  Lasciamo Gyumri a malincuore e continuiamo a salire fino alla frontiera con la Georgia situata a 2.150 metri di altitudine. La differenza del tenore di vita tra Armenia e Georgia la si percepisce anche in frontiera, con strutture vetuste e fatiscenti da una parte e con moderni e quasi lussuosi edifici dall'altra.  Tentando di dare un giudizio complessivo ai due Paesi, ovviamente solo dal punto di vista turistico, direi che sostanzialmente si equivalgono con una leggera preferenza per l'Armenia.

In Georgia le strade migliorano ed anche il paesaggio nel giro di pochi km cambia radicalmente con valli più strette, a volte di roccia rossa, a volte ricoperte da fitti boschi.
Nei pressi di Akhalkalaki avverto un insolito rumore provenire dalla ruota posteriore prontamente segnalato col clackson da Paolo che mi segue. E' causato dal distacco del carter della catena i cui bulloni di fissaggio si sono completamente svitati. Interviene Michele che nella sua dotazione trova le viti adatte ed in men che non si dica siamo pronti a ripartire sotto gli sguardi incuriositi di alcuni personaggi locali. Neanche i meccanici della Ferrari sarebbero stati più veloci.











Alcuni km dopo la città di Akhalkalaki si incontra sulla sinistra l'imponente Fortezza di Khervitsi risalente al X secolo. La costruzione è abbastanza singolare di forma allungata per seguire l'andamento del terreno.

Kervitsi














La giornata prosegue con la visita dell'incredibile città rupestre di Vardzia che si  trova in una delle valli più scenografiche del Paese. Si sviluppa su 13 livelli abitativi sui quali sono state realizzate delle grotte scavate nella roccia. Conta attualmente oltre 400 stanze, 26 chiese e 25 cantine per il vino. E' raggiungibile dal parcheggio sottostante mediante una lunga via pedonale che solo Michele ha avuto il coraggio di affrontare. Paolo ed io ci siamo accontentati di ammirarla dal basso approfittando dell'ombra offerta dagli alberi in riva al fiume.




Vardzia











Al ritorno di Michele, dopo aver gustato il Khachapuri, una sorta di torta salata al formaggio, riprendiamo la strada per Akhaltsikhe sotto un cielo che diventa sempre più nero e quando siamo a soli 2 km dalla meta si scatena un piccolo uragano allagando completamente le strade della città. Arriviamo comunque ad un hotel nei pressi della città vecchia che però a causa del tremendo acquazzone non è possibile visitare. Manca anche l'energia elettrica che tornerà solo in tarda serata costringendo bar e ristoranti ad una chiusura forzata. Più tardi, nel buio totale vediamo un edificio illuminato che per nostra fortuna è un albergo dotato di generatore presso il quale possiamo cenare. Come sempre la scelta è limitata ai soliti Khinkali (insipidi ravioli ripieni di carne) o carne ai ferri. Optiamo per una zuppa di funghi che però non ci piace e per degli spiedini giganti cucinati invece alla perfezione. Essendo l'ultimo giorno nel Caucaso facciamo un ultimo brindisi con dell'ottima birra Gyumri. Domani saremo in Turchia.